Renzo Galardini

Opere

Artista Renzo Galardini

Renzo Galardini espone in Galleria Gagliardi dal 2014.

Renzo Galardini nasce nel 1946,

Il maestro Galardini è un classicista, un rinascimentale, la sua tecnica, i suoi soggetti evocano il mondo arcaico, esprimono la forza della pittura e l'insegnamento degli Antichi. Potremmo aggiungere che è un romantico, un sentimentalista, padrone di quel senso decadente promosso da un gusto prettamente nordeuropeo, un gusto che rimanda all'esotico, al viaggio, al sogno, alle corrispondenze ultrasensibili, al grande Hieronymus Bosch, pittore del quattrocento da cui grandi artisti sono rimasti affascinati come Max Ernst, Giorgio De Chirico, Salvador Dalì e Marc Chagall. Renzo Galardini è anche un artista contemporaneo, vive e rivive nelle sue composizioni le tensioni della società di massa: piccole figure acefale in uno spazio sconfinato che agiscono ed operano intente a compiere insolite e a volte impossibili azioni. Sono figure perse nell'equilibrio della composizione come l'uomo nell'innaturale spazio quotidiano della società consumistica, ma non vi sono brutture, solo delicate e maniacali pennellate che rendono il quadro opera e messaggio. Coesistono, quindi, componenti eterogenee che sottolineano la creatività e la sensibilità del pittore, qualificandolo come un vero Artista. L'indiscussa abilità tecnica e la fantasia si fondono nella supremazia dell'inganno surreale. Reminiscenze e allegorie fatte di giochi infantili, cavalli, tartarughe, burattini e ghirlande con i quali l'artista esprime i propri valori sociali e morali, rendendo la sua pittura colta e pregna di significati. L'essenza del reale è narrata nelle ambientazioni fiabesche, spazi in cui l'artista è un burattinaio che stringe con esili fili la sua stessa pittura fatta di nature morte tessili e cartacee, di grande raffinatezza ed eleganza. 

Ha conseguito il diploma di maturità presso l'Istituto d'arte di Lucca con Guglielmo Malato e Vitaliano De Angelis e successivamente ha frequentato il corso di scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze. È un pittore, incisore e ceramista. Nel 1984 è stato inserito nel catalogo Bolaffi per l'arte grafica di Enzo Carli con la seguente motivazione: «Per la creatività provocatoria e ironica della sua chiara tecnica grafica usata per richiamare in un modo poetico inedito simulacri storici, emblemi e simboli, oltre che oggetti attuali ».

Ha tenuto mostre in Italia, in vari musei americani e in Germania. Ha partecipato a importanti mostre d'arte grafica quali: 1981, Presenza di grafica in Toscana, Castello Pasquini, Castiglioncello; 1986, Biennale "Tono Zanconaro", Vico d'Elsa; 1987, Mostra d'arte grafica internazionale di Tampa, in Florida; 1992, VI Mostra Biennale Internazionale della Grafica Fantastica incisione italiana, Tenno, Trento; 1993, Inciso altrove, vecchio macello, Cagliari; Repertorio per incisioni italiane, disegni e stampe Studio Le Cappuccine, Bagnocavallo (2007 e 2013 anche); 1998, Incisione a Pisa nel XX secolo, Limonaia di Palazzo Ruschi, Pisa; 2008, sesto premio "Leonardo Sciascia" Amateur d'Estampes, Castello Sforzesco, Milano; 2012, 1a Biennale d'incisione "Carmelo Floris", Olzai, Nuoro.

Alcune delle mostre pittoriche a cui ha preso parte: 1977, Artisti pisani, Fortezza Sangallo, Pisa; 1980, Esposizione Nazionale Umberto Vittorini, Abbazia di San Zeno, Pisa; 1981, Incontri a Pisa, San Giuliano Terme; 1984, Arte per la pace e il lavoro, Castello Pasquini, Castiglioncello; Biblioteca pubblica, Cecina; Biblioteca pubblica, Piombino; 1985, per Alessandro Manzoni, il Centro Grattacielo, Livorno; 1991, 10a Mostra Città di Buti, Teatro "Francesco Di Bartolo", Buti, Pisa; 1996, Monumentalmente Vostro, Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno, Pisa; 1998, 1498-1998, atmosfere Savonarola, Centro Grattacielo, Livorno; 1999, Arte per la vita, antico monastero delle Monache Benedettine, Pisa e Camini di Catania; 2000, Ex voto per il millennio, Museo nazionale del monastero certosino di Calci, Pisa; 2003, Made in Italy. Sei artisti contemporanei, The Grace Museum, Abilene, Texas; 2008, incontri itineranti e inaugurazioni in un luogo storico a Livorno, Bottini dell'Olio, Livorno; 2011, Fantasticart, Palazzo Inquilini, San Miniato al Tedesco, Pisa; 2012, Questo è il mio fiume, Villa Pacchiani, Santa Croce Sull'Arno, Pisa; 2013, Viva Verdi, Mo.Ca. Arte Contemporanea, Montecatini Terme, Pistoia; 2014, Rosso Fiorentino Rosso vivo, Palazzo dei Priori, Volterra, Pisa; Gli amici di Sirio. Franchi Galardini Lombardi Possenti, Galleria Bandini, Cecina, Livorno.
Alcune delle sue numerose pubblicazioni di grafica: 1980, L'arpa malata e altre buffonerie, Introduzione di Michele Feo; Mitografie dei sobborghi. 12 memorie di Pisa, testi di Silvano Burgalassi e Nicola Micieli; 1981, per sempre bandire la pigrizia dalla città; 1986 Sei piatti per un'avventura nel bosco, con una ballata di Nicola Micieli; 1992, catalogo completo delle sue incisioni, a cura di Nicola Micieli con prefazione di Enzo Carli, Edison, Bologna, Mitografie a altre favole. a cura di Nicola Miceli Museo della Grafica, Pisa. 
Nel 2022 gli è stata dedicata una importante e completa mostra personale presso il Museo della Grafica in Pisa, "Renzo Galardini -  Mitografie e altre Favole" a cura di Nicola Micieli.

Le sue mostre personali: Pisa, Livorno, Santa Croce sull'Arno, Trani, Lucca in Italia e Berlino Germania, Abilene, Texas, USA.
Molti critici d'arte hanno scritto testi sulla sua opera, tra cui: Dino Carlesi, Giuseppe Cordoni, Elisa Gradi, Nicola Micieli, Enzo Carli.

L’omìno, le Olimpiadi e il Gioco del Ponte

“Era partito per fare la guerra, 

per dare il suo aiuto alla sua terra…”

Vengono subito in mente le parole e le note di Fabrizio De Andrè, appena il racconto di 
Renzo Galardini inizia. Non per evocare qualcosa di realmente guerresco, s’intende, ma 
perché una versione eroicomica de La ballata dell’eroe, canzone tra le più struggenti del 
cantautore genovese (era il 1961) può funzionare da sfondo ai ricordi (era il 1960) del 
pisanissimo Galardini. Come se dal mare, al largo della Meloria, un coro di sirene 
intonasse un irresistibile canto sulle mirabolanti imprese del giovane cavaliere partito 
“per dare il suo aiuto alla sua terra”.
L’Italia e il mondo intero erano in subbuglio, in quell’estate del 1960: a Roma stavano 
per iniziare i Giochi Olimpici. Memore dei fasti di Colonia Alfea, e quindi legata alla 
capitale da complicità di imperi e arcadia, anche Pisa avrebbe in qualche modo 
partecipato all’evento. Sulle strade e sui lungarni, i manifesti annunciavano infatti un 
singolare e inatteso I want you. Il “Bando per Roma”, firmato l’8 luglio dal Consiglio 
degli Anziani, così recitava:
“Il celebre Gioco del Ponte ha avuto l’alto onore di essere stato invitato a Roma quale 
manifestazione di chiusura dei Giochi Olimpici.
A nessuno può sfuggire il significato di questo riconoscimento ed il prestigio che ne 
deriva anche in campo turistico a tutto vantaggio della economia della nostra amata 
città.
E’ quindi preciso dovere di ogni buon pisano offrire la propria collaborazione per la 
migliore riuscita del Gioco che si svolgerà alla presenza di oltre 100 mila spettatori (in 
gran parte stranieri) nella fastosa cornice del Circo Massimo.
E’ fatto pertanto caldo invito a tutti i cittadini e specialmente ai vecchi figuranti 
(Dignitari, Ufficiali, Cavalieri, Guardie ecc.) di tornare ad indossare i vecchi costumi 
(opportunamente sistemati) e prendere parte a questa grande prova che richiede soltanto 
un po’ di entusiasmo e di buona volontà.
PISAE ITERUM VICTURAE!”
Il tono trionfale era ampiamente giustificato. La manifestazione storica pisana era stata 
scelta, con il Calcio Storico Fiorentino, il Palio della Balestra di Gubbio e San Sepolcro, 
la Giostra della Quintana di Foligno e quella di Ascoli Piceno, per rappresentare l’Italia 
nelle sue più antiche e nobili tradizioni legate allo spirito olimpico, tra gioco, forza, 
abilità, spirito di squadra. Al Gioco del Ponte, scenografica metafora agonistica (“Ecco 
su l’Arno la Pisana gente, in finto agone a guerreggiar sul Ponte…”, recitava Anton 
Francesco Lucini nel 1634 riproducendo all’acquaforte il disegno di Stefano Della Bella 
con una delle più belle immagini del gioco), sarebbe andato l’onore di fare da 
suggestiva vigilia alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi, regalando una memorabile 
edizione notturna prevista al Circo Massimo per il 10 settembre con tanto di 
spettacolare corteo di 900 figuranti. 
Leggendo il “Bando per Roma”, il cuore del piccolo Renzo aveva iniziato a battere forte 
come non mai. In tutto il vicolo del Ruschi, dove il babbo aveva un rinomato negozio di 
fiori, era un gran vociare. La chiamata alle armi esigeva una pronta risposta: con i suoi 
quattordici anni, e sentendosi già un vero “buon pisano”, se non ancora abile come 
“Figurante” (occorreva la maggiore età) Renzo poteva almeno sfilare come “Paggio”.
E par di vederlo, pronto a partire per accompagnare la “gioconda pugna”, segaligno ed 
emozionato come il primo giorno di scuola. O meglio, come l’impacciato Semola che il 
film d’animazione La spada nella roccia avrebbe di lì a poco fissato nell’immaginario 
di intere generazioni (uscirà alla fine del 1963: ma ci piace fantasticare su una capatina 
di Walt Disney a Pisa quell’estate di tre anni prima, magari con una sosta a comprare un 
bouquet floreale in vicolo del Ruschi e scorgere quel buffo ragazzino correre tra 
armature e scudi…).
Par di vederlo, salire sul treno per Roma sognando battaglie di giganti sul ponte, lui 
omìno tra tanti omòni. Par di vederlo, frastornato dalla capitale in festa, coccolato e 
protetto come mascotte da quei cavalieri burberi e teneri. Par di vederlo, sfilare 
impettito e fiero in quella magica serata al Circo Massimo davanti a tanti personaggi 
illustri come Vittorio De Sica e Sofia Loren. Par di vederlo, rientrare assonnato e felice 
per i due giorni trascorsi lontano da casa da paggetto-eroe, convinto di aver comandato
la sua agguerrita, un po’ sgangherata armata Brancaleone (uscirà nel 1966, il film di
Mario Monicelli: anche lui in tribuna al Circo Massimo?)
Nelle coincidenze che la storia ci apparecchia, i ricordi affiorano ancora più vivi e 
significativi. Perché oggi, alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi 2024, il racconto di 
Galardini è un sommesso invito a tornare a riflettere sul senso di appartenenza e 
identità, sul valore delle piccole, grandi cose che segnano le nostre biografie.
Si è fatto grande, l’omìno Renzo, eppure mai ha dimenticato le Olimpiadi di Roma e 
quel giorno vissuto da Semola. L’amore per la sua città di pietre, marmi ed eroi, unito
alla magia dei colori e delle forme di una natura gentile che il babbo agghindava in 
eleganti architetture floreali, lo hanno forgiato pittore e incisore di qualità rara e 
preziosa. Frugando con sapienza persino erudita tra motivi di nobili antichità pisane, ha 
popolato dipinti e incisioni di omìni indaffarati ad allestire scene fantasmagoriche o
intenti a costruire favole di terra e di mare dove inseguire miti senza mai prendersi 
troppo sul serio.
Per la sua città, madre e musa, ha appena dipinto all’acquarello Giugno in città, un 
grande foglio dedicato al “Giugno Pisano”, immaginando un fiammeggiante stendardo
dove campeggia il vessillo di puro rosso Pisa con gli elementi della bianca croce.
Sventola, l’araldico drappo, contro un cielo di azzurro elettrico, srotolandosi sull’Arno e 
accogliendo barche e biancherie, bandiere e costumi, con gli omìni impegnati “in finto 
agone” sul Ponte di Mezzo e sui due galeoni.
Un atto d’amore colto e raffinato, che l’eleganza di gesto pittorico e il magistero di 
segno grafico trasportano in quel registro poetico di sognante dolcezza con cui 
attendiamo, anche noi omìni incantati, ogni Gioco del Ponte, ogni Olimpiade, ogni 
nuova opera di Renzo Galardini.

Alessandro Tosi, 2024

Giugno a Pisa 
Ed. ETS